lunedì 18 ottobre 2010

Vento di Ponente

Come era difficile chiudere gli occhi in quella cappa di vapore immobile, non un filo di vento e gli occhi muti a fissare il soffitto. I rumori della strada si facevano ombre sul muro, filtrate appena dalla persiana molle. Si intrecciavano il chiarore della luna e la confusione del mondo, come avessero fatto pace.

Stracci intrisi di salsedine erano gli anni trascorsi in quella stanza di penombra, ammucchiati in un angolo insieme ai vestiti del viaggio. La valigia era aperta a fare posto all’odore della Casa per i giorni di nostalgia. Solo un profumo mi confortava e veniva dall’isola. Non sapeva staccarsi dalla terra e perciò si portava dietro la felicità inquieta delle mie estati innamorate. Respiravo a pieni polmoni quella scia di libertà, solo una riga di mare rasserenata di argento segnava l’orizzonte della finestra, poi l’occhio si faceva da parte. I limoni ancora assolati inondavano la notte e maceravano lenti. Mi veniva incontro un vociare di vespe, un chiacchiericcio di comari nottambule. Il vento si era calmato, raffiche di sale e conchiglie abbracciavano i ricordi, le note d’infanzia dei gelsomini. Brezza frizzantina a increspare la pelle. Il silenzio era una parete bianca di luce livida che bagnava tutta la Casa e lavava le parole.



(estratto)